Romanzo Quirinale 2022

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Dite ad Asuka Meloni di stare attenta a Shinji Salvini

Appunti sparsi, più che altro per il me stesso del futuro, ma se qualcuno vuole favorire non faccia complimenti.

Conte

Conte, un po' come la Meloni, ha giocato con le carte che ha. Il problema è che, a differenza della Meloni, in teoria dovrebbe essere il segretario del partito di maggioranza in parlamento, con in mano il grosso dei grandi elettori: in realtà però quest'ultimi sembrano pendere più che altro dalle labbra di Di Maio, che ha giocato una partita diversa (a suo modo vincendola).

Di Maio

Si conferma a tutti gli effetti il Renzi del M5S, il più democristiano dei grillini. Ha dimostrato di avere più controllo sui parlamentari dell'avvocato Conte, e di sapersi muovere piuttosto bene nei giochi di palazzo. Gigino insomma è cresciuto, ma il suo spirito machiavlellico potrebbe averlo seriamente compromesso in termini di consenso elettorale: del resto il M5S senza Conte difficilmente può puntare a percentuali sopra il 10%, perciò Di Maio si trova un po' nella situazione del suo amico Giorgetti.

Letta

Vera mancanza di coraggio o prudente tatticismo democristiano? Forse un mix. Di certo non è che gli si possa dare troppo torto visto che i grandi elettori del PD sono per massima parte in odor di renzismo e che, anche togliendo il vecchio giglio magico dall'equazione, il PD e le sue correnti notoriamente non rappresentano il massimo dell'affidabilità.

L'appiattimento su Draghi prima, il tradimento sulla Belloni poi ma soprattutto il ripiego su Mattarella bis finale (salutato da applausi e festeggiamenti) è stata una sceneggiata ridicola, ma per Letta un'evidente vittoria: certo a scapito della dignità del PD, ma tanto quella è stata ipotecata da tanto tempo (almeno 101 buoni motivi da ricordare in tal senso).

Meloni

Sembra sconfitta, ma probabilmente è la vera vincitrice in prospettiva: ha tenuto il gruppo coeso e fedele, mostrando i muscoli con l'operazione Crosetto (che lascia intendere quanto FDI abbia sodali anche fuori dal partito), può legittimamente sbandierare lealtà e coerenza fuori dai giochi di potere e, essendo l'unica all'opposizione, con la debacle di Salvini si è definitivamente presa la leadership del centrodestra potendo pascolare su ampie praterie in completa solitudine.

Il tempo dirà di più, ma credo che il prossimo parlamento avrà molti altri suoi fedelissimi e, se Mattarella dovesse lasciare il Colle in anticipo (come Napolitano a suo tempo), alla prossima tornata potrebbe essere proprio lei a dare le carte.

Renzi

Al solito è insopportabile e invotabile anche dai parenti stretti, ma in questa partita (come nel 2015) mostra grande cultura istituzionale: si vede che conosce benissimo storia e i giochi del parlamento.

Certo, per un leader politico dovrebbero essere caratteristiche scontate, ma lo stato dell'attuale classe dirigente mostra il contrario.

Sul cortocircuito istituzionale della Belloni (capo dei servizi al colle) ha ragione, e la brucia tatticamente per primo mettendo all'angolo Salvini e Conte.

Nel PD molti ancora sono dalla sua, e ha dimostrato che con pochi numeri può sempre farsi valere: anche se l'idea era Casini, la riconferma di Mattarella (presidente da lui scelto nel 2015) per lui può sempre considerarsi una vittoria netta.

Tenendo conto quanto è impopolare a livello elettorale, potrebbe essere una vittoria di Pirro: i suoi destini dipendono molto da quello che verrà fuori dal centro nelle prossime elezioni (Toti, Calenda, Forza Italia ecc.).

Salvini

Ha sbagliato tutta la partita, prima di tutto schiantandosi della grossa con la Casellati: la sua leadership è inattaccabile perché figlia della popolarità costruita in anni di propaganda personalistica a tutto campo (per buona parte merito di Morisi), senza il culto del capitano tra sagre, papeete e facebook probabilmente sarebbe politicamente finito.

Di certo ne esce ridimensionato, ma fa anche osservazioni sensate:

la Casellati era impresentabile per molti motivi (Ruby nipote di Mubarak in primis) ma l'astensione del centro sinistra che ha del tutto evitato il confronto su un candidato donna, a parti invertite, avrebbe generato polemiche infinite.

Belloni aveva il vulnus dei servizi segreti, ma fosse stata proposta da altre forze la questione avrebbe avuto una ridondanza decisamente minore.

Tajani

Forza Italia senza Berlusconi non solo non esiste, ma scimiotta pure tradimenti e correnti da vecchia DC in una versione bonsai. Sembra non si accorgano di essere un partito in miniatura, ma forse preparano le grandi manovre centriste con Renzi & Co.

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