Disincanto è finito, ma soprattutto ha compiuto la bellezza di cinque anni e personalmente ho fatto fatica a rendermene conto:
forse perché, banalmente, i fratelloni Futurama e Simpson vivono e lottano assieme a noi da svariati decenni (nel caso di Futurama, con varie morti e resurrezioni come già dicevamo qui) oppure perché a causa della pandemia c'è sempre la vaga sensazione di essersi persi un paio d'anni per strada.
Nella mia testa, sembra sempre un cartone animato uscito da molto meno tempo.
Il fantasy di Matt Groening più che ridere fa pensare
Ho riflettuto sul discorso del tempo perché, in uno dei rari commenti positivi che si trovano in rete su Disincanto, ho letto quello di un ragazzo che spiegava come le avventure di Bean lo avessero accompagnato nella cruciale fase che passa dai 13 ai 18 anni (che credo rappresenti il target in assoluto più importante per opere d'intrattenimento di questo tipo).
Sebbene l'umorismo non manchi, credo che Disincanto sia stato molto più romanzo di formazione che serie comica in senso stretto. Questo aspetto mi pare un pelo tralasciato, considerando i commenti che la recensione che l'IGN americano ha snocciolato fuori.
Del resto, il discorso "ok, si ride ma non è la priorità" si potrebbe fare anche con Futurama, ovvero un parente estremamente più prossimo a Disincanto della leggendaria famiglia Simpson per vari motivi.
Va bene tutto, ma vale la pena guardarselo?
Sì con qualche riserva, o non ne starei scrivendo:
Disincanto ha enormi problemi di ritmo (quelle dannate scale...) e una trama che finisce per ingarburgliarsi fin troppo spesso in modo abbastanza inutile considerando un finale relativamente semplice:
molte sottotrame sembrano superflue e gli elementi all'apparenza paradossali e complicati sembrano un po' tutto fumo e niente arrosto, a differenza di quanto accadeva sempre col solito Futurama che in certe narrazioni ha dato il meglio di se stesso.
Non me lo stai vendendo bene, eh.
Lo so, ma è soprattutto un mettere in guardia con l'impatto non proprio roseo della prima stagione:
più va avanti, pur con i suoi difetti, più la storia e i personaggi di Disincanto crescono, regalando più di un sorriso e un senso di progressione che, complice il setting, non poteva non ricordarmi quello di una campagna di D&D (Dungeons & Dragons).
Bean, in particolare, resta probabilmente un vero e proprio unicum parlando di protagonisti femminili, come anche molti elementi legati all'inclusività: alcune tematiche sono scritte in modo davvero certosino e personalmente non mi hanno dato la sensazione di voler "solo" strizzare l'occhio alla comunità LGBTQ+.
Morale
Ridendo e scherzando (ma manco tanto a dire il vero) l'ultima stagione me la sono bevuta:
forse con qualche episodio più e una più coraggiosa virata verso l'avventura a scapito di qualche gag di troppo me l'avrebbe fatta apprezzare ancora di più, ma è uno di quei casi in cui c'è un bel finale che sistema tutto ciò che (e chi) c'era da sistemare.
Da questo punto di vista, Disincanto attualmente resta l'unico figlio di Groening ad arrivare ad una conclusione definitiva (almeno spero...) e, anche solo per questo, credo che i suoi fan una chanche dovrebbero dargliela.