Ho aspettato un mese esatto prima di scrivere due righe di riflessione sull'ultimo fumettone di Michele Rech che, diciamolo subito, come al solito è molto bello.
Ma?
Ma non lo so, che ti devo dire.
È un po' l'altra metà del cielo di Dimentica il mio nome, squisitamente autobiografico e disegnato in modo superbo, con tutti gli elementi che ne fanno come al solito un ottimo manifesto per il grosso della generazione millennial, in particolare i maschi nerd figli di genitori separati e rimasti scapoli e senza prole (ciao, eccomi!)
Magari sostituendo He-Man con un anime anni '90-2000 o Final Fantasy, magari convertendo la piccola provincia veneta nelle misconosciute lande comasche e la realtà Romana con un mix strano tra Milano, Genova e Catania...
ma insomma, come in molt* non faccio fatica ad empatizzare e capire il contesto raccontato da Zerocalcare, in particolar modo il rapporto "sentimentalmente ermetico" col padre, che è come tendenzialmente funzionano i maschi italici da svariate generazioni a questa parte.
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Insomma ti è piaciuto come al solito
Ecco, no.
O meglio, sì ma non proprio:
è un fumetto che ha tutto del Michele Rech più intimista e autobiografico che ha conquistato il fumetto italiano, sommato a scelte stilistiche interessanti per raccontare un certo passato del veneto profondo (che mi hanno ricordato il miglior Gipi).
Eppure, l'ho trovato molto meno galvanizzante di Scheletri e Macerie Prime, come anche meno d'impatto delle due serie animate su Netflix (in particolar modo Questo mondo non mi renderà cattivo), per non parlare delle storie e cose più propriamente "politiche" della sua produzione recente (posto che tutto è politica eccetera)
Quindi stai dicendo Zerocalcare è calato?
No, in alcun modo: anzi, direi che nel racconto è diventato ancora più abile e sofisticato che in passato.
Diciamo che con Quando muori resta a me mi è parso tornare in quella che è la sua "comfort zone", e la cosa mi ha lasciato un po' freddo:
d'altronde, narrativamente parlando il rischio più grosso che Michele si prese fu nel 2013 con Dodici (probabilmente considerato il suo libro più debole, ma per me comunque molto interessante), dopodiché mi pare che solo di rado abbia cambiato così radicalmente registro, e solitamente più per un discorso di temi narrativi che di stile fumettistico vero e proprio.
E quindi?
E quindi, in questa fase storica, da grande fan del nostro armadillone di Rebibbia, forse mi aspettavo qualcosa di più: colpa sua che mediamente alza sempre l'asticella, ma insomma.
Ribadisco:
Non parliamo assolutamente di un brutto fumetto, ma di una storia che, a mente fredda, ho percepito un po' come un passo indietro.
Il disco di una band che, dopo tanti concept strani, rientra nel genere degli esordi pur avendo un'altra età e maturato una carriera ricca e fruttuosa.
Insomma: bello comunque Michele, ma per il prossimo io m'aspetto i fuochi d'artificio.
PS: e sta tranquillo, che i Social Distortion Sex, Love and Rock 'n' Roll l'han fatto nel 2004 quindi di tempo ne hai!